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Jan Fichtner – Gianluca D’Elia – Margit Fisch – Rainer Buerger – Rudolf Hohenfellner
Con un’incidenza di 1:300 nati vivi, l’ipospadia rappresenta la malformazione congenita più frequente degli organi genitali esterni maschili. In considerazione degli oltre 300 interventi di ricostruzione descritti in letteratura emerge la necessità di un trattamento standard attraverso il quale si possa ottenere il duplice effetto di un risultato ottimale e di un basso tasso di complicanze e di reinterventi. I risultati ottenuti nel campo della ricostruzione uretrale delle ipospadie a mezzo di mucosa buccale, a partire dalla prima pubblicazione e negli ultimi 5 anni, sembrano confermare il valore di questa metodica rispetto alle altre forme di correzione chirurgica (1). Il valore effettivo di questa tecnica potrà comunque essere confermato solo dopo un follow-up minimo di 10 anni. Recentemente abbiamo infatti osservato come l’entusiasmo con cui vengono accettate e propagate nuove tecniche deve trovare una sua verifica a distanza. Ci riferiamo al caso della tecnica proposta da Duckett (2), la cui popolarità ha subito un drastico ridimensionamento dopo la pubblicazione di un’alta percentuale di complicanze tardive. Per tale motivo assume particolare significato l’esatta indicazione per l’esecuzione dell’intervento ricostruttivo, con distinzione tra intervento necessario ai fini funzionali e ricostruzione eseguita esclusivamente a fini estetici. In considerazione del fatto che le procedure per motivi estetici, come ad esempio la correzione “forzata” di posizioni parameatali ed in assenza di deviazioni peniene, comportano l’occorrenza di un tasso di complicanze non trascurabile, è necessario informare accuratamente i genitori nel caso essi richiedano un intervento a fini puramente estetici. E interessante notare che detti interventi estetici rappresentano fino al 70% di tutti gli interventi ricostruttivi per ipospadia. Inoltre, l’esame clinico di numerosi maschi adulti con ipospadia distale “incidentale” ha dimostrato l’assenza di conseguenze funzionali in relazione alla posizione coronale del meato; tutti i soggetti esaminati urinano in piedi con getto singolo e diritto (3). L’intervento va eseguito preferibilmente tra il 2° ed il 4° anno di vita considerando eventualmente la necessità di un reintervento a 9 mesi di distanza dal primo, ed in ogni caso prima dell’età scolastica. L’applicazione serale, sin da 6 settimane prima dell’intervento, di una crema all’1% di testosterone o deidrotestosterone facilita la ricostruzione uretrale.
Possono essere suddivise in assolute (fini funzionali) e relative (fini estetici). – Intervento eseguito a fini funzionali: 1) ipospadia prossimale; 2) tutte le forme con deviazione peniena associata. – Intervento eseguito a fini puramente estetici: 1) ipospadie glandulari, coronali, subcoronali; 2) assenza di deviazione peniena. In questi ultimi casi l’urgenza ad eseguire l’intervento è relativa e dev’essere consentito ai genitori la possibilità di scegliere se posticipare l’operazione ed eseguire in prima istanza solo una meatotomia ed una circoncisione.
– Coagulazione bipolare. -Adrenalina 1:100.000. – Tavoletta di sughero. – Medicazione non adesiva.
PRELIEVO DELLA MUCOSA BUCCALE – L’intubazione per via nasale facilita il tempo di prelievo della mucosa buccale. – Un lembo di lunghezza sufficiente per la correzione di ipospadie anche scrotali può essere prelevato a livello del labbro inferiore e/o superiore. La preparazione della mucosa buccale è facilitata dall’iniezione sottomucosa di adrenalina all’1:100.000 e dal posizionamento di punti d’ancoraggio. Bisogna prevedere una retrazione del prelievo di circa il 25%. – Preparazione accurata del lembo, fissato su una tavoletta di sughero, con rimozione del grasso sottomucoso. – Emostasi della ferita a livello del labbro inferiore e/o superiore e medicazione compressiva. La ferita a questo livello guarisce velocemente per prima intenzione e non è necessario alcun ulteriore trattamento. VARIANTE 1: INDICAZIONE A FINI ESTETICI – Meatotomia tramite profonda incisione e, ove necessario, sutura latero-laterale della mucosa con eventuale circoncisione. VARIANTE 2- INDICAZIONE A FINI FUNZIONALI, TEMPO UNICO (IN PRESENZA DI IPOSPADIA CORONALE O PENIENA CON CORDA E SUFFICIENTE PAVIMENTO URETRALE PER L’ “ONLAY”) – Previa incisione circolare a livello del solco coronale si procede a scollamento della cute peniena e della fascia di Scarpa con isolamento del fascio neurovascolare dorsale. – Sollevamento dell’uretra dalla sua superficie (Mollard) tramite 2 “vesselloops” . – Dissezione lateralmente al letto uretrale tra i corpi cavernosi ed estesa cordectomia. – Dissezione della corda fino al di sotto della superficie ventrale del glande. – Erezione artificiale: in presenza di deviazione residua, correzione secondo Nesbit con punti in Goretex invertiti. – Se al termine di questi tempi operatori si rileva un pavimento uretrale sottile, fragile e scarsamente irrorato, si opta per l’intervento in due tempi; in questo caso si termina la procedura con copertura cutanea ventrale (vedi variante 3); altrimenti si procede come di seguito riportato. – Ricostruzione uretrale tramite posizionamento del lembo di mucosa buccale, con faccia mucosale all’interno, sulla emiuretra; previo posizionamento di un catetere di Websinger 10 Charr sino all’uretra bulbare (drenaggio delle secrezioni), sutura m continua in catgut della mucosa al lembo emiuretrale. – Adattamento della faccia ventrale del glande alla neouretra distale. – Copertura del lembo di mucosa buccale tramite fascia di Scarpa e tessuto sottocutaneo. – Ricostruzione plastica del neomeato consapevolmente posizionato a livello coronale tramite formazione di uno pseudofrenulo. VARIANTE 3: INDICAZIONE A FINI FUNZIONALI, SECONDO TEMPO (IN PRESENZA DI IPOSPAD1A PROSSIMALE CON CORDA E PAVIMENTO URETRALE INSUFFICIENTE PER I.’ “ONLAY” DOPO CORDECTOMIA) – A distanza di 9-12 mesi dal primo intervento (cordectomia, copertura cutanea ventrale) si procede con il secondo tempo tramite isolamento dell’emiuretra e mobilizzazione laterale della cute peniena. – Il lembo di mucosa buccale viene a questo punto suturato in continua sull’emiuretra con tecnica “onlay” ed il neomeato viene ricostruito a livello coronale. – Copertura dell’anastomosi con fascia di Scarpa e tessuto sottocutaneo.
“10 COSE DA FARE” 1) Indicazione “funzionale” (assoluta) 2) Intervento tra 2° e 4° anno di vita 3) Trattamento pre-operatorio della durata di 6 settimane con crema a base di testosterone 4) Intervento in tempo unico, se possibile 5) Tecnica “onlay” 6) Uso della mucosa buccale 7) Uso di materiale di sutura rapidamente riassorbibile 8) Protezione della sutura con 3 strati di tessuto riccamente vascolarizzato (fascia di Scarpa, tessuto sottocutaneo e cute) 9) Stent per 10 giorni, cistostomia per 3 settimane 10) Medicazione compressiva non adesiva “10 COSE DA NON FARE” 1) Indicazione “estetica” (relativa) 2) Intervento in età troppo precoce 3) Indicazione forzata all’intervento in tempo unico 4) Ricostruzione del meato uretrale esterno alla punta del glande (rischio di stenosi meatale) 5) Uso di cute non glabra 6) Uso di materiale lentamente riassorbibile (PDS/Maxon) 7) Dilatazioni ripetute in caso di stenosi del meato 8) Rimozione dello stent prima della 10. giornata post-operatoria 9) Ripristino della minzione per via fisiologica prima di 3 settimane dalla data dell’intervento 10) Rimozione o cambio della medicazione durante la prima settimana post-operatoria
– Medicazione non adesiva per 7-10 giorni. – Rimozione dello stent uretrale (catetere di Websinger) in 10. giornata post-operatoria. – Derivazione urinaria soprapubica per 3 settimane e rimozione della cistostomia solo dopo esecuzione di una cistografia minzionale che confermi l’assenza di stravasi e di residuo. – Profilassi antibiotica sino alla rimozione della cistostomia soprapubica.
In caso di deviazione residua al termine della cordectomia ed in presenza di pavimento uretrale sottile, scarsamente irrorato e facilmente danneggiabile è preferibile eseguire un intervento in due tempi, il primo dei quali è rappresentato dalla cordectomia con correzione della deviazione (secondo Nesbit) e copertura del difetto con cute (vedi variante 3).
1. Buerger R, Mueller SC, Hohenfellner R. Buccal mucosal graft; a preliminary report; J Urol 1992; 147: 662.2. Duckett JW. Transverse preputial island flap technique for repair of severe hypospadias. Urol Clin North Am 1980; 7: 423.3. Fichtner J, Filipas D, Mottrie AM, Voges GE, Hohenfellner R. Analysis of meatal location in 500 men: wide variation questions need for meatal advancement in all pediatric anterior hypospadias cases. J Urol 1995; 154: 833.
Vito Pansadoro – Paolo Emiliozzi – Francesco De Paula – Paolo Scarpone
Le stenosi dell’uretra anteriore possono essere trattate con un lembo peduncolato, abitualmente prelevato dalla cute del pene o del prepuzio, oppure con un trapianto libero. Negli ultimi venti anni il favore degli urologi si è spostato periodicamente tra le due soluzioni. E fuor di dubbio che un lembo peduncolato, provvisto della sua vascolarizzazione, è perfettamente in grado di risolvere pressoché ogni tipo di stenosi indipendentemente dalla lunghezza e dalle caratteristiche. Altrettanto si può dire dei lembi liberi che possono essere prelevati dalla cute dei genitali oppure dalla cute extra- genitale. Nell’ambito di questi ultimi è stato proposto qualche anno fa l’uso della mucosa buccale (1). Anche se i risultati pubblicati in letteratura hanno un follow-up ancora breve la mucosa buccale sta riscuotendo ampi consensi presso gli urologi che si interessano di chirurgia ricostruttiva. L’uretroplastica bulbare presentata in questo capitolo utilizza dei lembi liberi di mucosa buccale, applicati sempre come “onlay” e sulla parete posteriore dell’uretra per garantire un letto fisso e ben vascolarizzato (2). I vantaggi di questa procedura sono rappresentati dalla semplicità dell’intervento operatorio, dall’assenza di limiti per la quantità di materiale necessario, da un perfetto risultato estetico a livello della sede del prelievo e dall’assenza di dilatazioni post-operatorie nella sede dell’intervento.
– Stenosi dell’uretra bulbare. – Stenosi dell’uretra bulbo-peniena in combinazione con un lembo peduncolato di Grandi (3).
– Stenosi dell’uretra peniena. In questi casi è preferibile una plastica di Grandi (3).
– Divaricatore di Scott. – Uretrotomo di Sachse. – Adrenalina 1:100.000. – Tavoletta di sughero.
Incisione perineale mediana. – Preparazione ed apertura del muscolo bulbocavernoso. Utilizzando un catetere di Foley 18-20 Charr si individua il limite distale della stenosi. – Separazione del bulbo uretrale dalle crura penis. – Con un uretrotomo di Sachse si seziona la stenosi alle ore 12 iniziando su mucosa sicuramente integra fino a raggiungere ampiamente il tratto prestenotico. – Misurazione della lunghezza dell’uretrotomia. – Introduzione di un catetere di Foley scanalato in silicone 16 Charr. – Applicazione di una epicistostomia 14 Charr. – Prelievo di un lembo libero di mucosa buccale dal labbro inferiore di lunghezza sufficiente e largo ca. 2 cm (vedi capitolo 6.1 – Correzione chirurgica dell’ipospadia con lembo “onlay” di mucosa buccale). – Applicazione del lembo libero, con la mucosa all’interno, iniziando con tré punti prossimali e tre punti distali. – Sutura a punti staccati, in Vicryl 4/0, dei margini del lembo ai margini della sezione dell’uretra. – Utilizzando gli stessi punti solidarizzazione dei margini dell’uretra alle crura penis in modo che il lembo di mucosa buccale si adatti perfettamente al suo letto. – Ricostruzione del muscolo bulbocavernoso. – Sottocute. – Cute in seta. – Medicazione compressiva, a croce di S. Andrea.
– L’intervento deve sempre essere preceduto da un test di Stamey. – Se il paziente è portatore di un catetere a permanenza è necessario aspettare, dopo la rimozione, che il getto si riduca. Solo allora una uretrografia permetterà di valutare l’estensione della stenosi e della spongiofibrosi. – E molto importante sezionare l’uretra per 1-2 cm, prossimalmente e distalmente oltre il tratto stenotico, per prevenire stenosi recidive secondarie alla spongiofibrosi. – Il catetere uretrale deve permettere il drenaggio delle secrezioni uretrali. Controllare che il meato uretrale non sia substenotico. – Se alla uretrografia post-operatoria vi è uno stravaso si lascia la epicistostomia in sede per altre 2 settimane e si ripete la contrastografia.
– Paziente allettato per 3 giorni. – Rimozione del catetere in 7. giornata post-operatoria. – Uretrografia minzionale trans-epicistostomica in 14. giornata. In assenza di stravasi si rimuove l’epicistostomia.
1. Buerger R, Mueller SC, Hohenfellner R. Buccal mucosal graft: a preliminary report: J Urol 1992; 147: 662.2. Barbagli G, Selli C, Tosto A, Palminteri E. Dorsal free graft urethroplasty. J Urol 1996; 155: 123.3. Grandi A. One-step urethroplasty. 4-year follow-up. J Urol 1972; 107: 977.
Alex M. Mottrie – Rainer Buerger – Gunther E. Voges – Luc Baert – Rudolf Hohenfellner
Viene definito varicocele l’abnorme dilatazione della vena spermatica interna. Esso colpisce il 15% della popolazione maschile ed è responsabile del 39% dei casi di infertilità maschile (1). Al fine di spiegare l’alto tasso di infertilità associato alla dilatazione della vena spermatica interna sono state proposti numerosi meccanismi eziopatogenetici (2): 1) innalzamento della temperatura a livello scrotale; 2) flusso retrogrado di sostanze tossiche; 3) incremento della pressione venosa con inversione di flusso dovuto ad incontinenza dell’apparato valvolare venoso della vena spermatica interna o ad un ostacolo al deflusso facilitato dallo sbocco ad angolo rotto della vena spermatica interna sinistra nella vena renale. Istologicamente, il testicolo affetto da varicocele presenta una proliferazione endoteliale dei capillari, una desquamazione dell’epitelio germinativo, una fibrosi dei tubuli seminiferi ed una degenerazione delle cellule di Sertoli con iperplasia delle cellule di Leydig (3). In presenza di varicocele sintomatico, di oligo-asteno-teratospermia ad un controllo spermiografìco, di ipotrofia testicolare o di varicocele infantile di grado severo si pone indicazione ad intervenire chirurgicamente. A questo proposito, una tecnica mini- invasiva recentemente proposta è la scleroterapia anterograda. È possibile eseguire quest’intervento su base ambulatoriale, in anestesia locale, con tempi operatori di ca. 15-20 minuti. I risultati preliminari sono ottimi (4, 5): 1) miglioramento dello spermiogramma nel 76% dei maschi infertili con tassi di paternità fino al 42%; 2) rispetto alla tecnica retrograda l’intervento è nell’83-99,5% dei casi tecnicamente possibile; 3) il 91% dei pazienti non presenta recidiva o persistenza del varicocele. Inoltre, la scleroterapia anterograda è gravata da un basso tasso di complicanze. Solo Nell’1,4-3% dei casi sono stati riportati ematomi, epididimiti, atrofia testicolare o edema testicolare (5).
– Varicocele in presenza di oligo-asteno-teratospermia. – Varicocele infantile severo. – Varicocele infantile di grado lieve in presenza di ipo-atrofia testicolare. – Varicocele sintomatico. – Varicocele recidivo o persistente dopo legatura o scleroterapia ante- o retrograda.
– Varicocele e azoospermia. – Varicocele in presenza di spermiogramma normale. – Presenza di circolo collaterale con collegamento a vasi del bacino.
– Infiltrazione locale del funicolo spermatico all’altezza della radice peniena con 10 ml di anestetico locale all’l%. Infiltrazione supplementare della cute scrotale a livello dell’incisione con ulteriori 1-2 m] di anestetico locale. – Incisione cutanea longitudinale 2-3 cm lateralmente ed al di sotto della radice peniena sulla proiezione del decorso del funicolo spermatico tenuto sospeso tra pollice ed indice. – Preparazione e mobilizzazione del funicolo dal tessuto perifunicolare. – Sezione della fascia funicolare, isolamento di una vena del plesso pampiniforme che si inoscula nella vena spermatica interna. Queste vene sono riconoscibili perché circondate da un grasso di un colorito appena più scuro. Dopo preparazione di questa vena la si lega distalmente. – Incisione della vena prossimalmente alla legatura ed introduzione di una agocannula 24 gauge che viene fissata con una semplice legatura. La preparazione della vena viene facilitata dalla manovra di Valsalva. – Iniezione di ca. 3 ml di mezzo di contrasto non-ionico nella vena incannulata e verifica del deflusso venoso in fluoroscopia. – Previa iniezione di 1 ml di aria (“air-block”), iniezione di 3-4 ml del mezzo sclerosante (etossisclerolo) sotto manovra di Valsalva. Il deflusso della soluzione aria- mezzo sclerosante nelle vene del plesso pampiniforme è ben apprezzabile sotto osservazione diretta. – Rimozione dell’ago, legatura prossimale della vena, sutura della fascia funicolare con 2 punti staccati e riposizionamento del funicolo spermatico nella loggia scrotale. – Sutura cutanea con catgut 3/0. Compressione manuale del funicolo per 3-5 min. Medicazione. Sospensorio.
– Sospensorio per 3-5 giorni. – Controllo a distanza di 3-6 mesi dall’intervento. Il mezzo sclerosante, oltre a determinare una stenosi acuta del lume venoso, può essere responsabile dell’insorgenza di una vasculite che, a distanza, può indurre un ulteriore progressivo restringimento del lume venoso.
1. Kass EJ, Belman AB. Reversal of testicular growth failure by varicocele ligation. J Urol 1987;137:475.2. Thomas AJ, Geisinger MA. Current management of varicoceles. Urol Clin North Am 1990; 17: 893.3. Hadziselimovic F, Herzog B, Liebundgut B, Jenny P, Buser M. Testicular and vascular changes in children and adults with varicocele. J Urol 1989; 142: 583.4. Tauber R, Johnsen N. Die antegrade skrotale Verodung zur Behandlung der Testisvarikozele. Urologe A 1993; 32: 320.5. Tauber R, Johnsen N. Antegrade scrotal sclerotherapy for the treatment of varicocele: technique and late results. J Urol 1994; 151: 386.
Drogo Montague – Kenneth Angermeier
La protesi peniena ideale dovrebbe far conservare la normale morfologia peniena sia allo stato flaccido che in quello eretto. A tale scopo, la necessaria quantità di fluido per riempire i cilindri da inserire nei corpi cavernosi viene trasportata da un serbatoio intra-addominale ai cilindri stessi grazie al meccanismo regolatorio di una pompa impiantata a livello scrotale. Vengono preferibilmente utilizzati i cilindri dell’AMS Ultrex, i quali consentono allo stesso tempo un aumento sia della circonferenza che della lunghezza peniena. La protesi peniena AMS 700 CX è analoga alla AMS Ultrex, tranne per l’impossibilità di estensione in lunghezza. Questo tipo di protesi viene di solito preferito in pazienti con incurvamento penieno (ad es. induratio penis plastica) associato a disfunzione erettile. I cilindri dell’AMS 700 CX hanno un diametro di 12 mm nello stato flaccido e di 18 mm in quello eretto. I cilindri dell’ AMS Ultrex hanno lo stesso diametro, presentando inoltre la caratteristica di potersi estendere in lunghezza di circa il 20%. L’estensione in lunghezza dopo impianto di una protesi Ultrex dipende dall’elasticità del pene. La protesi AMS 700 CMX ha un reservoir di capacità inferiore oltre ad una pompa e dei cilindri di dimensioni minori rispetto alla protesi Ultrex. I cilindri CMX presentano un diametro allo stato di riposo di 9,5 mm e, quando riempiti, di 14,2 mm. Tale protesi è ideale nei pazienti che presentino una fibrosi cavernosa, ad es. a seguito di priapismo o dopo rimozione di una protesi infetta.
– Disfunzione erettile irreversibile dopo fallimento di tutte le modalità conservative (terapia orale, farmacoterapia intracavernosa, ErecAid-Vacuum). – Disfunzione erettile psicogena dopo fallimento della psicoterapia.
– Divaricatore di Scott. – Dilatatori cervicali di Hegar (8-16 mm). – Introduttore di Furlow. – Strumentario per la misurazione dei corpi cavernosi. – Tubi di raccordo. – Speculum nasale.
PREPARAZIONE ALL’ INTERVENTO – Lo scopo è quello di prevenire una infezione periprotesica. – Infezioni delle vie urinarie, dermatiti o ferite aperte a livello del campo operatorio sono considerate controindicazioni temporanee all’esecuzione dell’intervento. – La profilassi antibiotica inizia 1 ora prima dell’intervento con una combinazione di vancomicina (1 g) e gentamicina (80 mg) e prosegue fino a 24 ore di distanza dall’intervento. VIA D’ACCESSO – Previo posizionamento di un catetere uretrale 18 Charr si procede ad un’incisione scrotale trasversale di ca. 3 cm in corrispondenza dell’angolo penoscrotale. – Apertura trasversale della fascia di Dartos e della fascia di Buck, localizzazione dell’uretra e dei corpi cavernosi e posizionamento del divaricatore autostatico di Scott. – Incisione longitudinale su entrambi i corpi cavernosi di ca. 2 cm e posizionamento di 4 punti di ancoraggio, 2 da ogni lato (PDS 2/0); questi ultimi aiutano la visualizzazione del campo nella preparazione dei corpi cavernosi e possono essere utilizzati per la sutura dei corpi stessi dopo l’impianto dei cilindri. – Dilatazione dei corpi in direzione distale (fino a 14 mm) e prossimale (fino a 16 mm) con dilatatori di Hegar. SCELTA DELLA LUNGHEZZA DELLA PROTESI – Misurazione della lunghezza dei corpi cavernosi: 1) dal margine prossimale della corpotomia sino al termine della crura peniena; 2) dal margine distale della corpotomia sino al margine distale dei corpi cavernosi in prossimità della metà del glande. – Lunghezza dei cilindri Ultrex: somma di entrambe le distanze e sottrazione di 1 cm. – Lunghezza dei cilindri CX o CMX: somma di entrambe le distanze. – Le protesi peniene Ultrex e CX vengono prodotte nelle dimensioni, rispettivamente: 12, 14, 16, 18, 21 cm per Ultrex e 12, 14, 16, 18 cm per CMX. Modifiche nelle dimensioni possono essere indotte da accessori conici di 1, 2, 3 cm. Il riempimento della protesi con soluzione fisiologica avviene a causa della semipermeabilità del silicone. IMPIANTO DEI CILINDRI – Il filo dell’estremità distale del cilindro viene inserito in un ago retto e posizionato all’interno dello strumento di Furlow. L’introduttore di Furlow viene poi inserito nel corpo cavernoso distalmente e l’ago viene fatto passare attraverso l’apice del corpo cavernoso a livello del glande. Con una trazione sul filo di ancoraggio viene posizionata correttamente l’estremità distale del cilindro. – Piccola incisione al punto di mezzo tra margine prossimale della corpotomia e limite della crura peniena per il tubo di raccordo della pompa. – Tale incisione viene preferibilmente eseguita con un cistico dalla superficie interna della crura peniena. – Posizionamento di un secondo cistico dall’esterno all’interno e contemporanea rimozione del primo strumento. – Con il cistico si porta all’esterno, attraverso l’incisione, l’estremità del tubo di raccordo. Se necessario si provvede al posizionamento degli accessori cilindrici sull’estremità prossimale dei cilindri veri e propri. – Chiusura delle corpotomie con i punti di sutura in PDS inizialmente posizionati. IMPIANTO DELLA POMPA – Incisione della cute in proiezione del setto scrotale e formazione di una tasca contenuta dalla fascia di Dartos. La pompa, ripiena di soluzione fisiologica, viene posizionata nella tasca con il meccanismo di controllo rivolto in basso. Incisione della parete posteriore della tasca con un cistico per far fuoriuscire i tubi di raccordo per i cilindri. – Posizionamento di Mosquito ricoperte di silicone sui tubi di raccordo dei cilindri e controllo della lunghezza dei tubi stessi. – Connessione dei tubi di raccordo e controllo delle connessioni. IMPIANTO DEL SERBATOIO – Svuotamento vescicale tramite il catetere di Foley. – Con un indice si procede a palpare attraverso l’incisione scrotale l’anello inguinale esterno. – Incisione della fascia trasversale (pavimento dell’anello inguinale) sulla guida dell’indice con una forbice smussa. – Si divaricano e si rimuovono le forbici dopo aver introdotto l’indice nel difetto fasciale. – Il corretto accesso allo spazio retropubico è assicurato dalla palpazione della faccia posteriore della sinfisi pubica e del palloncino del catetere in vescica. – Divaricazione con speculum nasale del difetto fasciale e posizionamento del serbatoio. – Previa rimozione dello speculum nasale si procede a riempire completamente il serbatoio con soluzione fisiologica. La protesi 700 CMX possiede un serbatoio di 50 ml, la AMS CX di 65 ml. I cilindri di 12 e 15 cm della protesi Ultrex possiedono un serbatoio di 65 ml, quelli di 18 e 21 cm dello stesso modello di 100 ml. Dopo il riempimento del serbatoio si dovrebbe ottenere una pressione zero tramite regolazione del deflusso di soluzione fisiologica. Di regola, in un serbatoio di 50 ml rimangono 40 ml (50-55 ml restano in un serbatoio di 65 ml, e 85-90 ml in uno di 100 ml). Se il serbatoio è eccessivamente pieno si ha una pressione maggiore allo zero e si corre il rischio di un riempimento accidentale post-operatorio dei cilindri. – Mosquito ricoperte di silicone vengono poste sui restanti tubi di raccordo e si procede infine alle restanti connessioni. CONTROLLO DELL’ IMPIANTO PROTESICO – Viene effettuato riempiendo e svuotando per 3 volte i cilindri, assicurandosi del corretto posizionamento degli stessi e controllando la rigidità dell’erezione. Al termine dell’intervento è necessario svuotare completamente i cilindri. CHIUSURA DELL’ INCISIONE – Posizionamento di un drenaggio in aspirazione tramite incisione inguinale. Il drenaggio va posto a livello scrotale in corrispondenza del punto di connessione dei tubi di raccordo. – Chiusura della fascia di Dartos al di sopra della pompa con sutura in continua in Dexon 3/0; sutura in continua della cute scrotale con Vicryl 4/0. – La protesi è al termine dell’intervento vuota ed il pene viene fissato alla parete anteriore dell’addome.
– Rimozione del catetere uretrale in 1. giornata post-operatoria. – Dopo la rimozione dei drenaggi in 2. giornata, è possibile dimettere il paziente. – Il pene dovrebbe rimanere fissato alla parete anteriore dell’addome per l’intero primo mese post-operatorio. – La protesi deve rimanere vuota (disattivata), fino alla prima visita, un mese dopo la dimissione. – I rapporti sessuali sono possibili una volta che il paziente non presenti più dolore.
1. LD Knoll, WL Furlow, RC Motley. Clinical experience implanting an inflatable penile prothesis with controlled-expansion cylinder. Urology 1990; 36: 502.2. DK Montague. Experience with the AMS 700 CX penile prothesis. Int J Impot Res 1990; 2: 457.3. DK Montagne, MM Lakin. Early experience with the grith and length expanding cylinder of the AMS Ultrex penile prothesis. J Urol 1992; 148: 1444.4. JJ Mulcahy. Use of CX cylinders in association with AMS 700 inflatable penile prothesis. J Urol 1988; 140: 1420.
Heinz Van Poppel – Luc Baert
Quando si è posta indicazione ad una cistectomia radicale per carcinoma uroteliale della vescica e si pianifica una derivazione urinaria non ortotopica ci si pone il quesito se e quando rimuovere l’uretra. Infatti, questi pazienti sono a rischio di recidiva uretrale, in particolare in presenza di carcinoma in situ, tumori multifocali o infiltrazione tumorale a livello del collo vescicale o dell’uretra prostatica (1). Il rischio di recidiva uretrale è stato stimato, in letteratura, tra il 4% ed il 18% (2). Una uretrectomia secondaria eseguita per via perineale quando risultino positivi i controlli citologie! tramite lavaggio uretrale risulta spesso tecnicamente difficile a causa di aderenze a livello dell’uretra prossimale ed è gravata dal rischio di una mancanza di controllo locale di malattia a causa della ritardata radicalità chirurgico- oncologica. Per tali motivi l’approccio più sensato è rappresentato dalla rimozione “profilattica” dell’uretra in sede di cisto-prostatectomia. L’approccio perineale simultaneo è gravato da un notevole prolungamento dei tempi operatori per il riposizionamento del paziente in posizione litotomica così come dal dolore post- operatorio in sede perineale. All’opposto, la tecnica di uretrectomia per via prepubica consente di utilizzare la stessa incisione usata per la cistectomia e di limitare i tempi operatori (3).
– La laparotomia mediana per la cistectomia radicale viene prolungata sino alla faccia anteriore della sinfisi pubica. – Sezione e legatura del plesso venoso dorsale e dei legamenti pubo-prostatici. – La porzione di uretra membranosa prossimale al diaframma urogenitale è visibile per un tratto di ca. 1,5 cm. – Preparazione uretrale per via smussa lungo il diaframma urogenitale fino a raggiungere l’uretra bulbare. – La trazione caudale su una valva posizionata al margine distale dell’incisione fa evidenziare il corpo penieno in sede prepubica. – Previa preparazione della fascia di Buck è possibile circondare il corpo penieno con un dito. – La trazione sul corpo penieno in direziono craniale permette di preparare la fascia di Buck completamente e di sfilare il corpo dalla cute peniena. – Identificazione dei corpi cavernosi e del corpo spongioso. – Incisione della fascia di Buck a livello del corpo spongioso che viene separato dai corpi cavernosi. – Il corpo spongioso viene separato in direzione distale dai corpi cavernosi fino al glande. – Resezione della porzione intraglandulare dell’uretra. – Preparazione dell’uretra in senso prossimale. – Preparazione per via smussa dell’uretra bulbare dorsale e dissezione con forbici dell’uretra bulbare ventrale. – Si raggiunge così il piano di clivaggio a livello dell’uretra bulbare preparato inizialmente dal bacino. – Rimozione in blocco di vescica, prostata ed uretra. – Emostasi a livello prepubico. – Reinvaginamento del pene nella cute peniena. – Posizionamento di un penrose o di un drenaggio nella loggia uretrale ed in sede prepubica. – Medicazione compressiva.
– La sezione del legamento sospensore del pene non è necessaria. – Porre particolare attenzione a sanguinamenti dalle arterie bulbari sulla faccia uretrale bulbare posteriore.
– Rimozione della medicazione compressiva in 1. giornata post-operatoria. – Rimozione del drenaggio o penrose dalla loggia uretrale in 2. giornata post- operatoria.
1. Hickey DP, Soloway MS, Murphy WM. Selective urethrectomy following cistoprostatectomy for bladder cancer. J Urol 1986; 136: 828.2. Stoeckle M, Goekcebay E, Riedmiller H, Hohenfellner R. Urethral tumor recurrences after radical cystoprostatectomy: the case for primary cystoprostatourethrectomy ? J Urol 1990; 143: 41.3. Van Poppel H, Strobbe E, Baert L. Prepubic urethrectomy. J Urol 1989; 142: 1536.
Othmar Seemann – Peter Alken
II carcinoma del pene rappresenta una neoplasia rara con un’incidenza in Europa di 0,6-1,3:100.000. Al momento della diagnosi si riscontrano frequentemente stadi avanzati a causa delle barriere psicologiche che il paziente incontra nell’affrontare il problema e presentarsi ad un consulto medico. Il tipo istologico più frequente è il carcinoma a cellule squamose. La localizzazione più frequente è rappresentata dal glande, coinvolto in ca. il 50% dei casi di tutte le neoplasie peniene. Il processo metastatico avviene per via linfatica. Le prime stazioni linfatiche ad essere coinvolte sono rappresentate dai linfonodi inguinali superficiali. A causa dell’incrocio delle vie linfatiche il coinvolgimento può anche essere bilaterale. Successivamente le metastasi linfonodali si diffondono ai linfonodi inguinali profondi ed infine ai linfonodi della fossa otturatoria ed ai linfonodi iliaci (vedi capitolo 6.7 – Linfadenectomia ilio-inguinale per neoplasie del pene). La terapia chirurgica è rappresentata dalla semplice circoncisione, da riservare alle neoplasie localizzate esclusivamente al prepuzio, o dalla penectomia parziale o totale. L’amputazione parziale di pene deve avvenire con un margine di sicurezza di almeno 2 cm. In caso non sia possibile conservare un moncone penieno di almeno 3 cm, necessario per consentire la minzione per via naturale, è preferibile eseguire una penectomia totale con uretrostomia perineale.
PENECTOMIA PARZIALE – Prima dell’inizio della procedura si procede a demarcare la linea di resezione con un margine di sicurezza di 2 cm dalla lesione. – Posizionamento di un tourniquet alla base del pene e copertura del tumore con un preservativo a causa della spesso concomitante infezione. – Resezione dei corpi cavernosi. – Il corpo spongioso con l’uretra vengono resecati lasciando un moncone di 1 cm più lungo rispetto a quello dei corpi cavernosi. – Incisione dorsale a becco di flauto dell’uretra. – Legatura dei vasi dorsali. – Chiusura dei corpi cavernosi con punti trasfissi attraverso il setto in Dexon 2/0. – Rimozione del tourniquet. – Emostasi. – Posizionamento di un catetere vescicale. – Sutura della cute a partire dalla superficie ventrale in modo da adattare il moncone uretrale alla cute peniena, creare un meato uretrale rivolto verso l’alto e prevenire una stenosi meatale. PENECTOMIA TOTALE – Posizionamento di un tourniquet alla base del pene e copertura del tumore con un preservativo a causa della spesso concomitante infezione. – Incisione ovalare a livello della base del pene. – Legatura dei vasi dorsali. – Sezione del legamento sospensore del pene. – Preparazione del tessuto adiposo e linfatico alla base del pene. – Preparazione e sezione del corpo spongioso con l’uretra. – Legatura dell’arteria peniena profonda. – Sezione e legatura doppia (Dexon 3/0) dei corpi cavernosi a livello bulbare prossimale (crura). – Incisione cutanea ovale di ca. 2 cm di diametro a livello perineale per l’uretrostomia perineale. – Preparazione di un tunnel sottocutaneo dall’incisione perineale e trazione del moncone uretrale verso il basso. – Incisione a becco di flauto dell’uretra e sutura alla cute perineale con catgut cromico 3/0. – Chiusura trasversale della ferita e posizionamento di due penrose. – Catetere vescicale per 7 giorni.
1. Hardner GJ, Bhanalaph T, Murphy GP, Albert DJ, Moore R. Carcinoma of the penis: analysis of therapy in 100 consecutive cases. J Urol 1972- 108- 4282. Baker BH, Spratt SS, Pere-Mesa C, Watson FR, Leduc RJ. Carcinoma of the penis J Urol 1976; 116:458.3. Hoppmann HJ, Fraley EE. Squamous cell carcinoma of the penis. J Urol 1978; 120: 3934. Fossa S, Hall K, Johannessen N, Urnes T, Kaalhus O. Cancer of the penis. Eur Urol 1987; 13: 372.5. Jackson SM. Treatment of carcinoma of the penis. Br J Surg 1966- 53- 336. Narayana A, Onley L, Loening S. Carcinoma of the penis. Analysis of 219 cases Cancer 1982; 49: 2185.
Ulrico Jacobellis
La linfadenectomia ilio-inguinale nel cancro del pene, pur permettendo l’accurata stadiazione delle stazioni linfoghiandolari regionali, è innanzitutto un atto terapeutico. Va eseguita pertanto con la massima accuratezza e comporta la rimozione di tutti i linfonodi inguinali, sia superficiali che profondi, e dei linfonodi pelvici bilateralmente (1,2). I linfonodi inguinali superficiali rappresentano le prime stazioni linfatiche in cui metastatizza il cancro del pene e sono localizzati, accanto alla vena safena, in un’area descritta da Daseler, e divisa in cinque zone (3): 1) Centrale: con i linfonodi localizzati intorno alla giunzione safeno-femorale. 2) Supero-laterale: con i linfonodi localizzati intorno alla vena circonflessa superficiale. 3) Infero-laterale: con i linfonodi localizzati intorno alla vena safena accessoria laterale. 4) Supero-mediale: con i linfonodi localizzati intorno alla vena epigastrica superficiale e pudenda esterna. 5) Infero-mediale: con i linfonodi localizzati intorno alla vena grande safena. I linfonodi superficiali, in numero di 22-24, drenano prevalentemente nei linfonodi inguinali profondi e talora direttamente nei linfonodi iliaci esterni. I linfonodi inguinali profondi, da 2 a 3, giacciono sotto la fascia lata, medialmente alla vena femorale. Il linfonodo più comune è quello di Cloquet, localizzato tra la vena femorale ed il legamento lacunare. I linfonodi iliaci sono divisi in 3 gruppi: iliaci comuni, iliaci esterni ed ipogastrici. La stadiazione clinica della adenopatia inguinale è inaccurata ed inaffidabile. Esistono pertanto varie controversie sul trattamento dei pazienti affetti da carcinoma del pene con linfonodi inguinali clinicamente negativi. Le varie componenti anatomiche del pene drenano attraverso vie linfatiche differenti (4). La cute del pene ed il prepuzio drenano nei linfonodi inguinali superficiali, specialmente nella zona supero-mediale, ove è localizzato il linfonodo sentinella di Cabanas (5). Il glande ed i corpi cavernosi drenano nei linfonodi inguinali superficiali, o in quelli profondi, o direttamente nei linfonodi iliaci esterni. Pertanto il linfonodo sentinella di Cabanas è un indicatore affidabile solo nei tumori del prepuzio o della cute del pene, ma non nei tumori del glande, che rappresentano ben il 48% di tutti i tumori del pene. La biopsia del linfonodo di Cabanas, pertanto, non è da ritenersi sufficiente per escludere la presenza di metastasi linfonodali inguinali (6, 7). Oltre alla possibilità, riportata da alcuni Autori, dell’inseminazione di cellule neoplastiche in corso di biopsia, va sottolineato che l’esame clinico della regione inguinale, in corso di follow-up, può essere più difficoltoso. Sono stati riportati, inoltre, casi di metastasi linfonodali incurabili dopo che la biopsia bilaterale del linfonodo sentinella era risultata negativa. E’ stato ormai chiaramente definito che esiste una stretta correlazione tra stadio e grado della neoplasia e la percentuale di metastasi linfonodali (8). Se nel T1, infatti è stato riscontrato il 14% di linfonodi inguinali positivi, nelle categorie superiori si arriva al 53% di linfonodi interessati. Così, dopo 30 mesi dall’intervento di amputazione del pene, mentre nei tumori ben differenziati si ha il 29% di metastasi linfonodali inguinali, nei tumori scarsamente differenziati la percentuale di metastasi linfonodali sale all’82%. Pertanto si può prevedere, con alto margine di sicurezza, la possibilità di linfonodi regionali metastatici, usando come parametri la differenziazione della neoplasia e lo stadio della lesione. Per la vasta connessione dei vasi linfatici che drenano il pene, metastasi sono presenti nel 30-60% degli inguini controlaterali quando i linfonodi sono positivi in un solo lato. La linfadenectomia unilaterale risulta perciò curativa solo nel 24% dei casi, laddove la linfadenectomia bilaterale è curativa nel 50% dei pazienti. Mentre non è mai stata riportata la presenza di metastasi linfonodali pelviche in assenza di linfonodi inguinali colpiti, al contrario, in circa il 30% dei casi di pazienti con linfonodi inguinali interessati vi è anche un interessamento dei linfonodi pelvici . Questo intervento ha un’alta morbilità, con una mortalità che va dall’l al 3% (9). Il 50% delle adenopatie inguinali palpabili, nel cancro del pene, sono dovute soltanto ad iperplasia infiammatoria secondaria all’infezione della lesione primitiva, e talvolta scompaiono dopo 4-6 settimane di terapia antibiotica. Pertanto alcuni Autori suggeriscono un accurato follow-up di questi pazienti con linfonodi inguinali clinicamente negativi, con stretta sorveglianza delle regioni inguinali, intervenendo solo se i linfonodi diventano palpabili. Altri Autori invece ritengono che sia preferibile eseguire una linfadenectomia profilattica, dopo 2-3 settimane di terapia antibiotica dall’intervento di amputazione del pene, dal momento che il 20% dei casi clinicamente negativi sviluppano in seguito metastasi linfonodali, e che il 17% dei pazienti con linfonodi primitivamente negativi muoiono per cancro del pene.
VIA D’ACCESSO – II campo operatorio include l’intero addome inferiore e l’estremità superiore dell’arto inferiore. – Si introduce un catetere vescicale e lo scroto è allontanato dalla zona di incisione. – Incisione mediana ombelico-pubica per la linfadenectomia pelvica, ed incisione curvilinea, parallela al legamento inguinale, 5-10 cm al di sotto di esso, per la linfadenectomia inguinale. L’arto inferiore è in posizione flessa al ginocchio, con la coscia ruotata esternamente. LINFADENECTOMIA PELVICA – Viene eseguita per via extra-peritoneale. – Si sezionano i vasi deferenti e si mobilizza facilmente il peritoneo, scoprendo i vasi iliaci. – La dissezione inizia dall’arteria iliaca comune dal lato maggiormente colpito e si estende per tutto il decorso dei vasi iliaci esterni, liberando quindi dal tessuto linfonodale l’arteria ipogastrica con le sue diramazioni principali e la fossa otturatoria come nella linfadenectomia pelvica standard. – La dissezione si estende al di là dei vasi circonflessi con la rimozione di tutto il tessuto del canale femorale e con l’asportazione del linfonodo di Cloquet. – Si procede, quindi, in modo identico, sul lato opposto. LINFADENECTOMIA INGUINALE – Lo scopo della dissezione è quello di ripulire l’area quadrangolare di Daseler. Questa è delimitata, in alto da una linea di 12 cm, che decorre parallela al legamento inguinale 1 cm al di sopra dello stesso, lateralmente da una linea che scende per 20 cm dal margine supero-laterale di questa linea, medialmente da una linea di 15 cm che scende dal tubercolo del pube ed, in basso da una linea che congiunge le due linee verticali. – Al di sotto delle lamine superficiale e membranosa della fascia superficiale sono localizzati i linfondi inguinali superficiali. Al di sotto di queste lamine giace la fascia lata che si fonde con la fascia di Scarpa, 1 cm al di sotto del legamento inguinale. – I linfonodi inguinali profondi sono localizzati nel triangolo femorale. Questo triangolo è delimitato medialmente dal muscolo adduttore lungo, lateralmente dal muscolo sartorio, alla sua base dal legamento inguinale, al suo apice dal canale degli adduttori. Il pavimento di questo triangolo è formato dalla fascia che ricopre i muscoli ileo-psoas e pettineo su cui sono poggiati i vasi femorali. Il tetto è formato dalla fascia lata. – Aperta la fascia lata, si rimuove il tessuto fibroadiposo che si trova lungo l’avventizia dei vasi femorali. – Non va ripulita la parete posteriore della vena e dell’arteria femorale, ne le sue diramazioni, perché non esistono linfonodi in quella zona. – Per lo stesso motivo non va asportato il tessuto che avvolge il nervo femorale. – L’arteria femorale profonda va identificata e preservata. – La vena safena viene accuratamente preparata e può essere risparmiata. – Rimosso tutto il tessuto fibroadiposo contenente i linfonodi superficiali e profondi, il canale femorale viene chiuso con 2 punti di Vicryl passati tra legamento inguinale e legamento di Cooper, per evitare la formazione di ernie postoperatorie in quella sede. – Si lascia un drenaggio in aspirazione, che va tenuto per 5-6 giorni.
– E’ di estrema importanza che la dissezione sia condotta al di sotto della lamina superficiale della fascia superficiale per evitare di danneggiare i vasi che provvedono alla vascolarizzazione della cute e proteggere quindi da una necrosi cutanea postoperatoria. Infatti i rami della arteria epigastrica inferiore, pudenda esterna e circonflessa provvedono alla vascolarizzazione della cute e del tessuto sottocutaneo della regione inguinale. Questi vasi decorrono parallelamente al legamento inguinale e giacciono nel tessuto adiposo della lamina superficiale della fascia superficiale. – Non va eseguita la trasposizione del muscolo sartorio, dopo la dissezione dalla sua inserzione, proposta da Baranofsky, allo scopo di ricoprire e proteggere i vasi femorali scoperti. Il tessuto cicatriziale che si forma, insieme ai tegumenti è sufficiente a proteggere i vasi sottostanti. Si evita in tal modo un ulteriore danneggiamento della circolazione linfatica e l’edema degli arti inferiori che rappresenta una delle complicanze più frequenti di questo intervento.
Il linfedema è dovuto alla rimozione dei linfonodi e dei linfatici afferenti. Può essere transitorio, ma di solito è permanente e comporta una grave e mal sopportata infermità per il paziente. La legatura della vena grande safena peggiora il linfedema. Pertanto, d’accordo con Catalona sconsigliamo la legatura di questa vena (10). Al tempo stesso non conviene sezionare e mobilizzare il muscolo sartorio per ricoprire i vasi femorali perché questa manovra produce una ulteriore distruzione dei vasi linfatici collaterali ed un ulteriore danno vascolare. Inoltre si facilita la levata precoce ed una rapida ripresa della deambulazione che evita le sequele di un lungo periodo di permanenza a letto.
1. McDougal SW, Kirchner FD Jr, Edwards RG. Treatment of carcinoma of the penis: the case for primary lymphadenectomy. J Urol 1986; 136: 38.2. Fraley EE, Zhang G, Manivel C. The role of ilioinguinal lymphadenectomy and significance of histological differentiation in treatment of carcinoma of the penis J Urol 1989;142:148.3. Daseler GH, Anson BH, Reiman AF. Radical excision of the inguinal and iliac lymph glands: a study based upon 450 anatomical dissections and supportive clinical observations. Surg Gynecol Obstet 1948; 8: 679.4. Dewire D, Lepor H. Anatomic considerations of the penis and its lymphatic drainage. Urol Clin North Am 1992; 10: 211.5. Cabanas RM. Anatomy and biopsy of sentinel lymph nodes. Urol Clin North Am 1992; 19: 267.6. Perinetti E, Grane D, Catalona W. Unreliability of the sentinel lymph node biopsy in staging penile carcinomas. J Urol 1980; 124: 734.7. Wespes E, Simon J, Schulman CC. Cabanas approach: is sentinel node biopsy reliable for staging penile carcinoma? Urology 1986; 28: 278.8. Crawford ED, Daneshgari F. Management of regional lymphatic drainage in carcinoma of the penis. Urol Clin North Am 1992; 19: 305.9. Johnson DE, Lo R. Complications of groin dissection in penile carcinoma. Urology 1984; 24: 312.10. Catalona WJ. Modified inguinal lymphadenectomy for carcinoma of the penis with preservation of the saphenous veins. Technique and preliminary results J Urol 1988; 140: 6.
Aivar Bracka
In presenza di neoplasie del glande, che rappresentano più del 50% dei carcinomi del pene, si esegue di norma una amputazione parziale di pene (vedi capitolo 6.6 – Amputazione di pene). A causa delle conseguenze psicologiche di questo tipo di intervento viene da alcuni proposta come alternativa la radioterapia. Tuttavia, la radioterapia è associata ad una notevole morbilità ed a pessimi risultati cosmetici. Inoltre, i risultati oncologici a lungo termine di questa opzione terapeutica non sono noti (1). Dato che la tunica albuginea rappresenta una barriera naturale alla progressione locale tumorale è teoricamente possibile, in presenza di neoplasie limitate al glande, eseguire una chirurgia conservativa con la rimozione del glande e la ricostruzione di un neoglande seguendo la tecnica qui di seguito descritta. La radicalità oncologica viene assicurata dalla completa resezione del glande mentre il risultato cosmetico viene ottenuto dalla ricostruzione del glande con epidermide prelevata a livello della coscia.
– Neoplasie peniene localizzate a livello del solco balano-prepuziale o a livello del glande senza infiltrazione dei corpi cavernosi. – Traumi penieni distali con impossibilità di reimpianto del moncone penieno.
– Neoplasie peniene infiltranti i corpi cavernosi.
– Tourniquet alla base del pene. – Incisione circolare a livello del solco balano-prepuziale estesa in profondità fino al limite distale dei corpi cavernosi. – Preparazione ed isolamento del glande e dell’estremità distale dei corpi cavernosi lungo la tunica albuginea senza danneggiarla. – Isolamento dell’uretra e corpo spongioso dopo sezione distale del glande. – Rimozione del glande. – Il meato uretrale esterno viene fissato ai corpi cavernosi con catgut 6/0. – Sutura della cute peniena al lembo rimasto del solco balano-prepuziale con catgut 6/0. – Le estremità distali dei corpi cavernosi rimangono libere. – Ricostruzione di un neoglande tramite uso di epidermide prelevata con un dermotomo dalla coscia. Il sito di espianto a livello della coscia viene coperto con una medicazione imbevuta di bupivacaina allo 0,5%. Di solito la riepitelizzazione a questo livello è completa entro 7 giorni dall’intervento. – Sutura del lembo libero di epidermide con la cute peniena a livello delle estremità libere dei corpi cavernosi con catgut 6/0. – Fissazione del lembo libero di epidermide a livello del neomeato con punti multipli sulle estremità libere dei corpi cavernosi in seta 6/0. – Rimozione del tourniquet ed emostasi. – Posizionamento di un catetere vescicale, che viene fissato all’addome per evitare manipolazioni a livello del pene.
– L’uso della seta per fissare l’epidermide alle estremità libere dei corpi cavernosi assicura un diretto contatto tra le (lue superfici, evitando in tal modo la raccolta di piccoli ematomi o di secrezioni al di sotto dell’epidermide, il che impedirebbe l’attecchimento del tessuto. – I punti di seta consentono inoltre un ottimale adattamento senza tensione tra epidermide ed estremità libere dei corpi cavernosi e possono essere facilmente rimossi in 5.-6. giornata postoperatoria.
– Rimozione dei punti di seta in 5.-6. giornata post-operatoria. – Rimozione del catetere vescicale in 7. giornata post-operatoria. – Rimozione della medicazione a livello della coscia in 10. giornata post-operatoria.
1. Ornelias AA, Seixas ALC, Marota A, Wisnecky A, Campos F, de Moraes JR. Surgical treatment of invasive squamous cell carcinoma of the penis: retrospective analysis of 350 cases. J Urol 1994; 151: 1244.